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Luigi Troiano
Che senso ha
la vita se non
vissuta al servizio
del prossimo?
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Luigi Troiano
Che senso ha
la vita se non
vissuta al servizio
del prossimo?
Sierra Leone
Mabesseneh – Lunsar
“ST. John’s Brothers” Hospital
In ricordo del Doctor Manuel Garcia Viejo uno dei primi medici missionari a cadere per l’epidemia di Ebola.
Quando capita di pensare a persone che oggi non ci sono più e questo succede ormai lontani dal giorno in cui i media tanto hanno parlato di una notizia così impressionante e commovente, vuol dire che queste persone ci hanno colpito per davvero. Sarebbe presuntuoso accostarmi alla figura dell’uomo che ricordo per affinità comuni ma sicuramente lo faccio per un silenzioso, sottile esempio che ho la fortuna di avere come conforto nei momenti meno felici della mia vita professionale.
Era ormai notte quando arrivammo a Lunsar e ad attenderci per il benvenuto e per la cena in compagnia c’era proprio il Doctor Manuel Garcia Viejo. Ci accolse con un gran sorriso ma dalla casacca intrisa di sudore si comprendeva chiaramente che la sua giornata era stata molto lunga e faticosa. Da lì a poco avrei compreso che per chi lavora in Africa tutte le giornate sono difficili e imprevedibili. Aveva un passo ciondolante ma l’andatura pronta e spedita di chi è abituato a intervenire senza esitazione ogni qualvolta lo si chiamasse e ogni sua disposizione diventava un’eco in quell’ospedaletto dai tetti di lamiera e senza porte e finestre. E non lo si chiamava solo per questioni cliniche ma ogni qualvolta bisognasse far ripartire il generatore di corrente, ogni qualvolta non ci fosse più acqua, ogni qualvolta non si trovasse una bombola di ossigeno, quando il motore della jeep non andava…
In Africa anche gli imprevisti quotidiani diventano emergenze straordinarie. E tutto si interrompe. Con queste persone ho imparato che nella semplicità puoi trovare la soluzione di grandi inconvenienti. Era sempre l’ultimo il Doctor Manuel a raggiungerci a sera per cena; lui appariva quando ormai non si udiva più il rumore del trasformatore di corrente alimentato a gasolio; lui aveva sempre qualcos’altro da fare o un ultimo paziente da visitare fino all’ultimo momento della giornata. Quest’uomo infaticabile e silenzioso ma animato da un’abnegazione infinita mi rimarrà sempre di esempio. Ma non ricordo solo questo di te Manuel. Ricordo ogni volta che ci capitasse di operare di notte, a inizio intervento mentre il Dottor Mattia completava l’anestesia e noi stendevamo i telini, tu iniziavi a fischiare. Così si ripartiva a lavorare ancora, così davi coraggio e stimolo a noi, tu che durante il giorno avevi già lavorato più di noi. Eri appassionato di Opera, me lo ricordo. Credo fosse una delle ultime sere prima della nostra partenza, ormai tardi, ci siamo ritrovati seduti sui gradini della mensa a parlare di Verdi, il tuo preferito, di quanto ti rilassasse ascoltare quella musica di notte, nel silenzio della foresta, dopo una giornata intensa di lavoro. Abbiamo parlato tanto e tu sorridevi. Era buio, tutto l’ospedale era al buio, l’unico chiarore apprezzabile era quello dell’ultimo pulmino che usciva dal cancello per riportare nei villaggi gli infermieri del lungo turno del giorno. Sono contento Manuel di averti conosciuto.
Doctor Gigi
(così mi chiamavi)
Quando capita di pensare a persone che oggi non ci sono più e questo succede ormai lontani dal giorno in cui i media tanto hanno parlato di una notizia così impressionante e commovente, vuol dire che queste persone ci hanno colpito per davvero. Sarebbe presuntuoso accostarmi alla figura dell’uomo che ricordo per affinità comuni ma sicuramente lo faccio per un silenzioso, sottile esempio che ho la fortuna di avere come conforto nei momenti meno felici della mia vita professionale.
Era ormai notte quando arrivammo a Lunsar e ad attenderci per il benvenuto e per la cena in compagnia c’era proprio il Doctor Manuel Garcia Viejo. Ci accolse con un gran sorriso ma dalla casacca intrisa di sudore si comprendeva chiaramente che la sua giornata era stata molto lunga e faticosa. Da lì a poco avrei compreso che per chi lavora in Africa tutte le giornate sono difficili e imprevedibili. Aveva un passo ciondolante ma l’andatura pronta e spedita di chi è abituato a intervenire senza esitazione ogni qualvolta lo si chiamasse e ogni sua disposizione diventava un’eco in quell’ospedaletto dai tetti di lamiera e senza porte e finestre. E non lo si chiamava solo per questioni cliniche ma ogni qualvolta bisognasse far ripartire il generatore di corrente, ogni qualvolta non ci fosse più acqua, ogni qualvolta non si trovasse una bombola di ossigeno, quando il motore della jeep non andava…
In Africa anche gli imprevisti quotidiani diventano emergenze straordinarie. E tutto si interrompe. Con queste persone ho imparato che nella semplicità puoi trovare la soluzione di grandi inconvenienti. Era sempre l’ultimo il Doctor Manuel a raggiungerci a sera per cena; lui appariva quando ormai non si udiva più il rumore del trasformatore di corrente alimentato a gasolio; lui aveva sempre qualcos’altro da fare o un ultimo paziente da visitare fino all’ultimo momento della giornata. Quest’uomo infaticabile e silenzioso ma animato da un’abnegazione infinita mi rimarrà sempre di esempio. Ma non ricordo solo questo di te Manuel. Ricordo ogni volta che ci capitasse di operare di notte, a inizio intervento mentre il Dottor Mattia completava l’anestesia e noi stendevamo i telini, tu iniziavi a fischiare. Così si ripartiva a lavorare ancora, così davi coraggio e stimolo a noi, tu che durante il giorno avevi già lavorato più di noi. Eri appassionato di Opera, me lo ricordo. Credo fosse una delle ultime sere prima della nostra partenza, ormai tardi, ci siamo ritrovati seduti sui gradini della mensa a parlare di Verdi, il tuo preferito, di quanto ti rilassasse ascoltare quella musica di notte, nel silenzio della foresta, dopo una giornata intensa di lavoro. Abbiamo parlato tanto e tu sorridevi. Era buio, tutto l’ospedale era al buio, l’unico chiarore apprezzabile era quello dell’ultimo pulmino che usciva dal cancello per riportare nei villaggi gli infermieri del lungo turno del giorno. Sono contento Manuel di averti conosciuto.
Doctor Gigi
(così mi chiamavi)
Kenya
North Kinangop Catholic Hospital
Remember Doctor Luigi in work as in life
“La giraffa non si accontenta e non si fida di ciò che ha davanti, vuole vedere oltre. Allunga il collo per scrutare più in là, sa che più in alto si pone e più lontano vede, indaga l’orizzonte perchè è da lontano che arrivano le insidie e sa che così potrà meglio orientare i propri movimenti. La giraffa ci insegna a non fermarci alle prime impressioni, a non smettere mai di interrogarci su come diversamente potrebbero essere le cose. Il suo esempio ci invita a rimanere sempre vigili e curiosi. La giraffa ci ricorda il senso prospettico della vita”
Doctor Peter Masaba
“La giraffa non si accontenta e non si fida di ciò che ha davanti, vuole vedere oltre. Allunga il collo per scrutare più in là, sa che più in alto si pone e più lontano vede, indaga l’orizzonte perchè è da lontano che arrivano le insidie e sa che così potrà meglio orientare i propri movimenti. La giraffa ci insegna a non fermarci alle prime impressioni, a non smettere mai di interrogarci su come diversamente potrebbero essere le cose. Il suo esempio ci invita a rimanere sempre vigili e curiosi. La giraffa ci ricorda il senso prospettico della vita”
Doctor Peter Masaba