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Luigi Troiano
Uroginecologia
L’urologia ginecologica è quella branca che si occupa dello studio e del trattamento delle disfunzioni anatomiche e funzionali del pavimento pelvico femminile, ossia dell’insieme delle strutture alla base del bacino che costituiscono parte del sistema genitale, del sistema urinario e dell’apparato digerente nei loro tratti terminali.
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Luigi Troiano
Uroginecologia
L’urologia ginecologica è quella branca che si occupa dello studio e del trattamento delle disfunzioni anatomiche e funzionali del pavimento pelvico femminile, ossia dell’insieme delle strutture alla base del bacino che costituiscono parte del sistema genitale, del sistema urinario e dell’apparato digerente nei loro tratti terminali.
Se in questa zona specifica tutto funziona per il meglio, non si riscontrano problemi di minzione e defecazione e la vita sessuale risulta piacevole e indolore. Al contrario, se insorgono disturbi nell’area, ne risentono sia l’apparato urinario che quello riproduttivo e digerente. Assai frequente è il rilievo clinico della concomitante presenza di prolasso urogenitale e turbe minzionali (50% dei casi).Va tuttavia precisato che i due quadri patologici non sono costantemente associati, esistono cioè molte pazienti con prolasso senza incontinenza urinaria o altre situazioni minzionali, come pure è possibile riscontrare patologie della minzione in assenza di alterazioni della statica pelvica. La gamma dei disturbi uroginecologici è molto ampia potendo comprendere inconvenienti lievi e occasionali ma anche disturbi gravi tali da comportare drastici cambiamenti nello stile di vita di una donna: si pensi alle ripercussioni del prolasso urogenitale e della dispareunia sull’identità sessuale, all’emarginazione sociale che sintomi come l’incontinenza urinaria, l’urgenza minzionale, l’incontinenza fecale inevitabilmente comportano. Tutte condizioni queste di grande impatto sociale, identitario ed economico che costringono la paziente a irriducibili limiti personali e inevitabile sentimento di pudore finché non incontra lo specialista.
Incontinenza urinaria
Incontinenza urinaria da sforzo
(stress incontinence)
La continenza urinaria è la capacità di rinviare a piacimento l’atto minzionale e di espletarlo in condizioni di convenienza igienico-sociale. Si tratta di una funzione acquisita dall’uomo, importante per la sua igiene e per la sua vita di relazione. Essa è il risultato dell’integrità anatomica e funzionale delle vie urinarie inferiori. Per incontinenza urinaria da sforzo si intende la fuga involontaria di urina in occasione di aumenti della pressione addominale come ad esempio durante i colpi di tosse, una risata o uno starnuto, saltellando, in occasione di manovre di compressione.
Incontinenza urinaria da urgenza
(urge incontinence)
Nota anche come incontinenza urinaria da stimolo imperioso o vescica iperattiva è quella che insorge in condizioni di impellenza minzionale. Può essere espressione di instabilità detrusoriale ed è definita in tal caso “motoria” in quanto conseguenza di una anormale ipercontrattilità o iperreflessia del detrusore. In altri casi la urge incontinence è “sensitiva” ossia associata a una sensazione di minzione improcrastinabile già a bassi riempimenti vescicali e in assenza di attività contrattile detrusoriale.
Incontinenza urinaria mista
(mixed incontinence)
L’incontinenza urinaria mista comprende entrambe le forme precedentemente descritte ossia fughe incontrollate di urina sotto sforzo in combinazione con fuoriuscite involontarie di urina per incapacità di dominare il comando e avvertirlo come impellente.
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Cistite ricorrente
In genere si parla di cistite ricorrente quando si soffre di questa specifica infezione delle vie urinarie almeno tre volte nell’arco di un anno. La cistite ricorrente è un problema diffuso: si calcola che a soffrirne siano moltissime giovani donne attive sessualmente e il numero sale con l’avanzare dell’età. La cistite ricorrente non è solitamente pericolosa per la salute ma è molto fastidiosa per le persone che ne sono affette perché tra i suoi sintomi ci sono diversi tipi di disturbi della minzione: pollachiuria (aumento del numero delle minzioni durante la giornata); stranguria (dolore e bruciore mentre si urina); difficoltà ad urinare; dolore soprapubico, urine torbide e maleodoranti; sensazione di non aver svuotato completamente la vescica.
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Cistite ricorrente
In genere si parla di cistite ricorrente quando si soffre di questa specifica infezione delle vie urinarie almeno tre volte nell’arco di un anno. La cistite ricorrente è un problema diffuso: si calcola che a soffrirne siano moltissime giovani donne attive sessualmente e il numero sale con l’avanzare dell’età. La cistite ricorrente non è solitamente pericolosa per la salute ma è molto fastidiosa per le persone che ne sono affette perché tra i suoi sintomi ci sono diversi tipi di disturbi della minzione: pollachiuria (aumento del numero delle minzioni durante la giornata); stranguria (dolore e bruciore mentre si urina); difficoltà ad urinare; dolore soprapubico, urine torbide e maleodoranti; sensazione di non aver svuotato completamente la vescica.
A volte, tra i sintomi, possono comparire tracce di sangue nelle urine e febbre. Tra le principali cause della cistite cronica c’è la risalita di batteri patogeni (come ad esempio l’Eschericia Coli) nella vescica. Fattori di rischio che predispongono alcune persone a soffrirne più di altre sono invece: ereditarietà; sistema immunitario debole; scarsa igiene intima; uso di assorbenti interni; alimentazione non corretta; stress.
Rivolgersi ad un medico è il primo passo per curare la cistite, sia essa cronica o ricorrente. Generalmente, il trattamento per cistite prevede la prescrizione di un antibiotico sebbene sia accertato che sottoporsi a numerosi cicli di antibiotico può avere degli effetti indesiderati come, ad esempio, il danneggiamento della flora batterica vaginale e intestinale e un indebolimento del sistema immunitario. È quindi necessario individuare con precisione le cause e il tipo di cistite per cercare di risolvere il problema alla radice.
Rivolgersi ad un medico è il primo passo per curare la cistite, sia essa cronica o ricorrente. Generalmente, il trattamento per cistite prevede la prescrizione di un antibiotico sebbene sia accertato che sottoporsi a numerosi cicli di antibiotico può avere degli effetti indesiderati come, ad esempio, il danneggiamento della flora batterica vaginale e intestinale e un indebolimento del sistema immunitario. È quindi necessario individuare con precisione le cause e il tipo di cistite per cercare di risolvere il problema alla radice.
Cistite interstiziale e dolore pelvico cronico
La cistite interstiziale è una condizione infiammatoria cronica della vescica che può colpire persone di qualsiasi età e sesso, ma che è più frequente nel sesso femminile. Diversamente dalla cistite comune non è sostenuta da stress o batteri, viceversa il dolore continuo può causare disturbi psicologici quali ansia e depressione. L’evoluzione della malattia è lentamente ma progressivamente ingravescente, con deterioramento delle funzioni vescicali e ripercussioni che possono avere un impatto negativo sulla qualità della vita. Possono contribuire a scatenarla un’infezione delle vie urinarie, un intervento chirurgico, una malattia virale ma l’ipotesi più accreditata resta tuttavia quella del progressivo indebolimento del rivestimento delle pareti vescicali, costituito da glicosaminoglicani, con funzioni di sostegno e protezione. L’assottigliamento di questo strato protettivo fa sì che le sostanze irritanti contenute nelle urine aggrediscano le pareti vescicali, innescando un processo infiammatorio.
In circa 1/3 dei casi la sintomatologia è analoga a quella della cistite, cioè è associata a stimolo impellente a urinare e dolore durante la minzione. A differenza della cistite comune, però, si ritiene che la cistite interstiziale non sia causata da batteri, e che per questo non risponda alla terapia convenzionale con antibiotici. Il dolore spesso interferisce con la vita sessuale, che risulta ostacolata da questo disturbo. E’ stato rilevato inoltre che la cistite interstiziale sia associata ad alcune condizioni croniche e sindromi dolorose come la vestibolite vulvare, le fibromialgie e la sindrome del colon irritabile.
Talvolta ottenere una diagnosi può essere particolarmente difficile. L’esame delle urine, l’urinocoltura, la citologia urinaria, la ricerca del BK nelle urine e l’ecografia dell’apparato urinario sono utili a escludere altre patologie vescicali con sintomatologia simile. Altri accertamenti sono l’uretrocistoscopia (endoscopia della vescica attraverso l’uretra) in narcosi con distensione della vescica con la biopsia della parete vescicale. Con un esame istologico mirato, è possibile escludere patologie più gravi, nonché la presenza e il grado di infiammazione provocato dalla cistite interstiziale.
Per curare la cistite interstiziale può essere necessario combinare una pluralità di trattamenti. Le terapie possono essere orali, con farmaci che contribuiscono a riparare la mucosa vescicale danneggiata, nonché antidepressivi, antinfiammatori, analgesici, antistaminici. Terapie endovescicali, con instillazione di glicosaminoglicani. Soluzioni a base di acido ialuronico e condroitinsolfato che possono migliorare la sintomatologia. In ogni caso, una diagnosi precoce è fondamentale per evitare danni irreversibili e per individuare il prima possibile una terapia idonea.
In circa 1/3 dei casi la sintomatologia è analoga a quella della cistite, cioè è associata a stimolo impellente a urinare e dolore durante la minzione. A differenza della cistite comune, però, si ritiene che la cistite interstiziale non sia causata da batteri, e che per questo non risponda alla terapia convenzionale con antibiotici. Il dolore spesso interferisce con la vita sessuale, che risulta ostacolata da questo disturbo. E’ stato rilevato inoltre che la cistite interstiziale sia associata ad alcune condizioni croniche e sindromi dolorose come la vestibolite vulvare, le fibromialgie e la sindrome del colon irritabile.
Talvolta ottenere una diagnosi può essere particolarmente difficile. L’esame delle urine, l’urinocoltura, la citologia urinaria, la ricerca del BK nelle urine e l’ecografia dell’apparato urinario sono utili a escludere altre patologie vescicali con sintomatologia simile. Altri accertamenti sono l’uretrocistoscopia (endoscopia della vescica attraverso l’uretra) in narcosi con distensione della vescica con la biopsia della parete vescicale. Con un esame istologico mirato, è possibile escludere patologie più gravi, nonché la presenza e il grado di infiammazione provocato dalla cistite interstiziale.
Per curare la cistite interstiziale può essere necessario combinare una pluralità di trattamenti. Le terapie possono essere orali, con farmaci che contribuiscono a riparare la mucosa vescicale danneggiata, nonché antidepressivi, antinfiammatori, analgesici, antistaminici. Terapie endovescicali, con instillazione di glicosaminoglicani. Soluzioni a base di acido ialuronico e condroitinsolfato che possono migliorare la sintomatologia. In ogni caso, una diagnosi precoce è fondamentale per evitare danni irreversibili e per individuare il prima possibile una terapia idonea.
Ritenzione urinaria
Con questa definizione si intende una disfunzione vescicale caratterizzata dal suo incompleto svuotamento con conseguenti accumuli di ristagno di urina fino a due litri. Rientrano in questo inquadramento anche altre condizioni patologiche come esitanza minzionale, flusso urinario debole, svuotamento vescicale possibile solo tramite torchio addominale, residuo postminzionale significativo o, addirittura ritenzione urinaria completa. Nella donna le possibili cause di ritenzione urinaria sia acuta che cronica possono essere varie: infiammatorie e infettive, ostruttive, farmacologiche, neurologiche, psicogene, neoplastiche. Si manifesta con dolore al livello dell’addome inferiore con gonfiore per la formazione del globo vescicale, alterazioni della minzione con sensazione di incompleto svuotamento vescicale. E’ importante riconoscere tempestivamente una ritenzione di urina per il rischio correlato di infezioni delle vie urinarie e i possibili gravi danni renali se la situazione persiste.
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Prolasso urogenitale
Per prolasso uterovaginale si intende la discesa lungo il canale vaginale e talvolta fuori dall’introito vaginale di una o più strutture pelviche. Esso può, infatti, interessare la vescica (cistocele), il retto (rettocele), l’utero (isterocele o prolasso uterino) in combinazioni e livelli di gravità differenti. Il prolasso è causato dal cedimento totale o parziale dei sistemi di sospensione e sostegno degli organi pelvici. È una condizione piuttosto frequente nelle donne di età senile e raramente può colpire anche le donne giovani, se vi è una predisposizione. Il prolasso avviene in seguito a sollecitazioni meccaniche come il parto (cause ostetriche) o a indebolimenti strutturali associati a carenze ormonali (cause distrofiche) che possono sopraggiungere, ad esempio, dopo la menopausa. A seconda della gravità, si possono distinguere prolassi di I grado (quando l’ organo prolassato, pur spostato verso il basso, è ancora all’interno del canale vaginale), di II grado (quando affiora alla rima vulvare senza tuttavia uscirne), di III grado (quando sporge al di fuori di essa) di IV grado quando è totalmente al di fuori.
Per prolasso uterovaginale si intende la discesa lungo il canale vaginale e talvolta fuori
dall’introito vaginale di una o più strutture pelviche. Esso può, infatti, interessare la vescica (cistocele), il retto (rettocele), l’utero (isterocele o prolasso uterino) in combinazioni e livelli di gravità differenti. Il prolasso è causato dal cedimento totale o parziale dei sistemi di sospensione e sostegno degli organi pelvici. È una condizione piuttosto frequente nelle donne di età senile e raramente può colpire anche le donne giovani, se vi è una predisposizione.
Il prolasso avviene in seguito a sollecitazioni meccaniche come il parto (cause ostetriche) o a
indebolimenti strutturali associati a carenze ormonali (cause distrofiche) che possono
sopraggiungere, ad esempio, dopo la menopausa. A seconda della gravità, si possono
distinguere prolassi di I grado (quando l’ organo prolassato, pur spostato verso il basso, è
ancora all’interno del canale vaginale), di II grado (quando affiora alla rima vulvare senza
tuttavia uscirne), di III grado (quando sporge al di fuori di essa) di IV grado quando è
totalmente al di fuori.
Quali sono le cause del prolasso urogenitale?
La corretta funzionalità del pavimento pelvico dipende dalla sua integrità e dalla corretta integrazione funzionale di tutte le strutture che lo costituiscono. Il parto è uno dei principali fattori imputati dell’insorgenza del prolasso urogenitale. Costituisce per le strutture muscolo-fasciali e nervose una significativa sollecitazione biomeccanica. Per questa ragione, il prolasso urogenitale è una patologia più facilmente riscontrabile nelle donne anziane e nelle donne che hanno avuto figli. Raramente può riguardare anche donne giovani. Anche la menopausa può modificare lo stato di salute del pavimento pelvico, contribuendo a provocare il suo rilassamento. Altre condizioni capaci di causare lo sviluppo della malattia sono la stipsi cronica, associata a prolungati sforzi di pressione endoaddominale, la predisposizione genetica, la presenza di una broncopatia cronica, l’obesità.
Quali sono i sintomi del prolasso urogenitale?
Il prolasso urogenitale si manifesta con una sensazione d’ingombro vaginale fastidioso che talvolta si accompagna alla sensazione tattile di qualcosa che esce dall’apertura vaginale. In particolare il fastidio si presenta la sera o dopo uno sforzo, talvolta anche lieve, oppure durante l’uso del bagno dopo molte ore in piedi. Altri disturbi possono essere la sensazione di pesantezza pelvica, dolore nella regione pelvica e lombare. Nello specifico, quando è coinvolta la vescica possono insorgere e coesistere sintomi urinari come incompleto svuotamento (ritenzione) o difficoltà ad urinare con necessità di spingere e flusso di urina esile. Spesso è associato a disfunzioni sessuali o difficoltà durante il rapporto, con conseguenti sensazioni di disagio o dolore durante il coito. Tali disturbi possono condizionare in modo significativo la qualità della vita, influenzando azioni quotidiane e sfera affettiva.
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Esami diagnostici
Prove urodinamiche
Lo studio urodinamico si prefigge di caratterizzare le disfunzioni delle basse vie urinarie documentando eventuali problemi di riempimento o di svuotamento vescicale. Quando si parla di esame urodinamico si intendono genericamente tutte quelle procedure diagnostiche volte a riconoscere la presenza di alterazioni funzionali a carico delle vie urinarie inferiori, quindi vescica e uretra.
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Esami diagnostici
Prove urodinamiche
Lo studio urodinamico si prefigge di caratterizzare le disfunzioni delle basse vie urinarie documentando eventuali problemi di riempimento o di svuotamento vescicale. Quando si parla di esame urodinamico si intendono genericamente tutte quelle procedure diagnostiche volte a riconoscere la presenza di alterazioni funzionali a carico delle vie urinarie inferiori, quindi vescica e uretra.
Quando eseguire un esame urodinamico
Come spiegato, questo test viene prescritto in presenza di disfunzioni che coinvolgono le vie urinarie basse. In genere, il medico valuta e raccomanda l’esecuzione di un esame urodinamico quando il paziente presenta una o più delle seguenti condizioni: perdite di urina;necessità di andare spesso in bagno;dolore durante la minzione;improvviso e forte bisogno di usare il bagno;problemi a iniziare a urinare;problemi a svuotare completamente la vescica;ripetute infezioni del tratto urinario.
Le 3 fasi dell’esame urodinamico
Come anticipato nell’introduzione, un esame urodinamico è strutturato in più fasi, tre per la precisione.
- Uroflussimetria, per registrare la curva minzionale, in tutti i suoi caratteri, il volume emesso, l’eventuale residuo post-minzionale.
- Cistomanometria, per lo studio funzionale della vescica.
- Studio pressione flusso, per documentare il tono sfinterico e tutta la situazione “pressoria” endoluminale.
Uroflussimetria
L’uroflussimetria misura la quantità di urina nella vescica e la velocità di fuoriuscita della stessa, nota anche come portata. I risultati di questo test possono mostrare se i muscoli della vescica sono deboli o se il flusso di urina è bloccato.Questa parte dell’esame è la più semplice e assolutamente non invasiva, e consiste nell’urinare in una toilette speciale o in un imbuto che ha due parti, un contenitore per la raccolta dell’urina e una bilancia. L’apparecchiatura di uroflussometria crea un grafico che mostra i cambiamenti nella portata durante la minzione, consentendo al medico di vedere quando la portata è più alta e quanti secondi ci vogliono per giungere a quel momento. La portata può anche essere misurata registrando il tempo necessario per urinare in un contenitore speciale che misura accuratamente la quantità di urina rilasciata.
Cistomanometria
Un test cistometrico misura quanta urina può contenere la vescica, quanta pressione si accumula all’interno della stessa mentre immagazzina l’urina e quanto è piena quando si inizia a sentire il bisogno di urinare. A differenza del test precedente, questo è invasivo, perché prevede l’inserimento di un catetere per svuotare completamente la vescica, dotato di un dispositivo di misurazione della pressione chiamato manometro. Un altro catetere può essere posizionato nel retto o nella vagina per registrare la pressione in quel punto.Una volta svuotata completamente, la vescica viene riempita lentamente con acqua tiepida, chiedendo al paziente quando sente il bisogno di iniziare a urinare. A quel punto, vengono registrati il volume dell’acqua e la pressione della vescica. Il medico potrebbe chiedere di tossire durante questa procedura per vedere se la pressione della vescica cambia o se si verifica una perdita di urina.
Un test cistometrico può anche identificare se la vescica si contrae quando non dovrebbe.
Studio pressione flusso
Uno studio del flusso di pressione misura quanta pressione necessita la vescica per urinare e quanto velocemente l’urina scorre a quella pressione. Dopo il test cistometrico, verrà chiesto al paziente di svuotare la vescica mentre un manometro misura la pressione e la portata della vescica. Uno studio del flusso di pressione può aiutare a identificare qualsiasi blocco dell’uscita della vescica che può essere causato ad esempio da un prolasso della parete vaginale anteriore, noto anche come cistocele o da un intervento chirurgico di correzione dell’incontinenza urinaria.
Come prepararsi ad un esame urodinamico
Prima di eseguire un test urodinamico il medico o il centro diagnostico presso il quale ci si reca potrebbe fornire delle indicazioni precise rispetto alla preparazione all’esame.
In genere, si invita il paziente ad eseguire degli esami delle urine ed urinocoltura nei 15 giorni che precedono il test, e di presentarsi con lo stimolo di urinare. Per questo motivo, si consiglia di urinare circa 2 ore prima dell’esame e di bere almeno 1 litro d’acqua in attesa di eseguire il test. Se l’esame al quale ci si deve sottoporre è completo, e prevede quindi anche l’inserimento del catetere, potrebbe essere prescritto un clistere la mattina stessa e una profilassi antibiotica successiva al test per evitare infezioni.
In genere, si invita il paziente ad eseguire degli esami delle urine ed urinocoltura nei 15 giorni che precedono il test, e di presentarsi con lo stimolo di urinare. Per questo motivo, si consiglia di urinare circa 2 ore prima dell’esame e di bere almeno 1 litro d’acqua in attesa di eseguire il test. Se l’esame al quale ci si deve sottoporre è completo, e prevede quindi anche l’inserimento del catetere, potrebbe essere prescritto un clistere la mattina stessa e una profilassi antibiotica successiva al test per evitare infezioni.
La ginnastica perineale
Per ginnastica perineale si intende l’esecuzione di una serie di esercizi perineali con finalità di riabilitazione delle fasce muscolari che cingono la rima vulvare e che partecipano alla contenzione dei visceri all’interno della pelvi. Talvolta possono essere effettuati come prevenzione di molteplici disfunzioni uroginecologiche prima ancora della loro comparsa quali incontinenza urinaria, prolasso genitale e incontinenza fecale. La pratica di questi esercizi ha la capacità di restituire tono alla componente muscolare e conservare, se non addirittura creare, nuove connessioni neuromuscolari valide per il controllo volontario delle funzioni evacuative e per migliorare la sensibilità propriocettiva del perineo. Per la sua capacità di stimolare continuamente il rinnovamento delle fibre elastiche del tessuto connettivo entro cui sono immerse le fasce muscolari, la ginnastica perineale è indicata come attività profilattica di coscientizzazione perineale sia in gravidanza che come trattamento adiuvante per curare eventuali disfunzioni dell’attività sessuale.
I muscoli del piano perineale, noto anche come pavimento pelvico, rappresentano il confine manometrico addominale e la loro funzione, in opposizione proprio ai muscoli del torchio addominale, è quella di contenzione viscerale e di apertura e chiusura solo volontaria. La prima indicazione quando ci si accinge a praticare questi esercizi è quella di imparare a usarli in maniera selettiva, ossia, senza il coinvolgimento sinergico involontario di forze antagoniste come i muscoli addominali o anche agoniste come i muscoli adduttori delle cosce o i muscoli glutei. E’ utile allora esercitarsi durante l’atto minzionale provando a interrompere a comando il getto di urina e solo una volta appreso a usare quei piccoli muscoli in maniera esclusiva si può passare all’allenamento vero e proprio. Durante la giornata, in qualunque posizione (in piedi, sdraiata, seduta), ci si potrà applicare mantenendo la contrazione per dieci secondi e rilassando per altri quaranta secondi per un tempo complessivo di cinque – dieci minuti.
Questo tipo di ginnastica rappresenta un ottimo rimedio per quelle pazienti giovani in piena attività sessuale e con desiderio di gravidanza non ancora esaudito e per quelle pazienti mature che per varie ragioni non possono sottoporsi a una soluzione chirurgica.
La visita uroginecologica
La figura dello specialista uroginecologo interviene nella valutazione di tutte quelle condizioni di disfunzioni del pavimento pelvico che esitano in sintomi lamentati dalla paziente come descensus genitale o turbe minzionali. Al fine di distinguere i diversi quadri disfunzionali e saggiarne l’eventuale associazione tra loro è necessario procedere ad un’ampia raccolta anamnestica circa i fattori di rischio generali prima e dei disturbi minzionali dopo.
Disturbi irritativi: pollachiuria, urgenza, tenesmo vescicale, stranguria, fastidio- dolore retropubico.
Disturbi ostruttivi: esitazione, disuria, getto ipovalido, minzione in più tempi, dribbling postminzionale.
Numero di atti minzionali diurni e notturni, volume urinario, sensazioni pre- e post-minzionali, capacità di interrompere volontariamente il mitto.
Perdite involontarie di urina sotto sforzo, da stimolo urgente o da stimolo riflesso (es. rumore dell’acqua corrente), eventuale incontinenza fecale.
L’esame obiettivo uroginecologico viene condotto con la paziente nella classica posizione ginecologica o litotomica secondo le seguenti fasi:
Disturbi irritativi: pollachiuria, urgenza, tenesmo vescicale, stranguria, fastidio- dolore retropubico.
Disturbi ostruttivi: esitazione, disuria, getto ipovalido, minzione in più tempi, dribbling postminzionale.
Numero di atti minzionali diurni e notturni, volume urinario, sensazioni pre- e post-minzionali, capacità di interrompere volontariamente il mitto.
Perdite involontarie di urina sotto sforzo, da stimolo urgente o da stimolo riflesso (es. rumore dell’acqua corrente), eventuale incontinenza fecale.
L’esame obiettivo uroginecologico viene condotto con la paziente nella classica posizione ginecologica o litotomica secondo le seguenti fasi:
- Ispezione dei genitali esterni con valutazione della beanza vulvare, di eventuali cicatrici e del grado di trofismo, della distanza anovulvare.
- Ispezione delle pareti vaginali, identificazione di eventuali lesioni organiche a carico del meato uretrale e quantificazione del grado di possibili descensus dei segmenti vaginali.
- Test di Bonney: elevazione del fornice vaginale anteriore con simulazione di correzione di incontinenza urinaria da sforzo qualora sia attribuibile a un abbassamento della giunzione vescico-uretrale
- Test pubo-coccigeo: la paziente viene invitata a contrarre i muscoli perineali attorno alle dita introdotte in vagina. Consente, oltre che di quantificare la contrattilità perineale, di riconoscere eventuali sinergie agoniste (contrazione dei muscoli adduttori e glutei) o antagoniste (contrazione dei muscoli addominali) che denotano uno scarso controllo volontario della muscolatura perineale fino all’inversione del comando.
- Q Tip Test: valuta il grado di mobilità dell’uretra sotto sforzo 6. L’esame bimanuale addominovaginale è di importanza fondamentale per evidenziare l’eventuale coesistenza di una patologia ginecologica tale da influenzare la statica pelvica e il complesso vescico-sfinterico.
- L’esplorazione rettale per una valutazione del muscolo sfintere esterno dell’ano; è utile invitare la paziente a eseguire gli stessi movimenti richiesti per il P-C test.
- Esame della sensibilità dermatomerica sacrale mediante la puntura di spillo della regione perineale e perianale